Vi avevamo presentato la scorsa settimana le prime rilevazioni del Barometro Hearst Italia, con il quale vogliamo tener traccia delle opinioni, emozioni e cambiamenti di vita cui ci sottopone la pandemia del Coronavirus. Ecco oggi la terza puntata, con i dati appena pubblicati da GlobalWebIndex, storica società di ricerche di mercato che ha interpellato 15.000 navigatori in 17 paesi del mondo tra cui l'Italia.

Resta invariata la percentuale di italiani preoccupati per l'epidemia in Italia, siamo all'87%. La Generazione Z, che oggi ha tra i 16 e i 23 anni, ha la concentrazione più alta di giovani estremamente o molto preoccupati. La preoccupazione per la pandemia globale è leggermente più alta, al 90% e sempre stabile nella parte bassa della media mondiale. I più preoccupati in assoluto sono i filippini, i meno preoccupati americani e tedeschi, questi ultimi però con una forte presa di coscienza a cavallo della fine di marzo.

Quanto pensi che l'epidemia durerà nel tuo paese? Rispetto alla rilevazione fatta tra il 16 e il 20 marzo, ora sale leggermente la percentuale di italiani che immagina una durata più lunga del periodo di isolamento nazionale, da sei mesi a più di un anno (dal 25% al 28%). I più pessimisti in questo caso appartengono alle generazioni più anziane, e a chi vanta un reddito più alto. Nel mondo invece svetta il pessimismo di Singapore (72%) e aumenta in maniera drammatica quello del Giappone (66%). Tra i più ottimisti i cinesi, comprensibile se veramente stanno tornando alla normalità, e i francesi con un valore cresciuto nel corso delle settimane ma sempre estremamente basso (dal 12% al 20%). In generale in tutto il mondo la preoccupazione è rivolta all'estero più che al proprio ambito nazionale.

Gli italiani vedono con una fiducia leggermente calante la possibilità di una ripresa nazionale (dal 54% al 53%). Siamo abbastanza vicini ai valori di US e UK, paesi ad oggi abbastanza ottimisti. Come prospettive di ripresa globale, i paesi più pessimisti sono Germania e Francia.

Le previsioni di impatto economico della pandemia sul bilancio familiare sono stabili, con una leggera variazione in meglio (da 42% a 41% nell'aspettativa di un impatto forte o drammatico). Simile anche per la preoccupazione rispetto all'economia nazionale e globale, che passa dal 93% o 92% al 91%. Anche qui vediamo come le paure vengano proiettate sempre lontano da sé: in tutti i paesi si valuta l'impatto della pandemia come mediamente grave sulle finanze di casa e molto grave su quelle nazionali. Per l'economia globale, la quasi totalità dei rispondenti si aspetta effetti gravi o drammatici.

L'azione del Governo riscuote l'approvazione del pubblico nel 77% dei casi (tre punti in calo rispetto alla rilevazione precedente). Ma tra i valori di consenso più alti, specialmente tra i più giovani. UK in crescita dopo la prima drammatica fase della risposta orientata alla herd immunity. US e Brasile, governi populisti, entrambi stabili intorno al 50%. Cresce il consenso per il comportamento della cittadinanza nel suo insieme: dal 49% al 60%. Adesione altissima per il fashion system, grazie alle numerose donazioni e riconversioni industriali dei grandi nomi del settore, quest'ultime con approvazione straordinaria da parte del grande pubblico sia nei questionari sia nella risposta sui social media.

Interessante la risposta in merito all'attività fisica svolta in isolamento. Dopo i giapponesi, siamo il popolo con la percentuale più alta di persone che non si esercitano per niente insieme ai brasiliani (UK e US al 15% e 18%, Italia al 34%, Francia al 31% e Spagna al 26%). Workout a casa da record in India (70%), Italia in un valore medio del 47% dovuto probabilmente al travaso dalle attività vietate come ciclismo e jogging. Esercizi seguiti con tutorial in streaming: record per la Cina con il 39%, in Italia siamo al 12% (come UK) rispetto al 19% degli spagnoli. Fatto sorprendente: si esercitano con Youtube molto più le donne degli uomini, ma sono anche le donne che più spesso non si esercitano per niente.

Boom per gli acquisti online: a fronte di un 22% che non compera online, un 30% dei rispondenti dichiara di aver aumentato l'abitudine verso l'e-commerce. Si comperano di più soprattutto prodotti culturali, alimentari e prodotti per la casa. Si comperano meno la moda e i viaggi, poi curiosamente ci si vizia molto di meno: è un consumo "di guerra" in cui si torna all'essenziale mentre il frivolo è percepito come fuori luogo. Anche se si inizia a rimandare un po' meno l'acquisto di beni di lusso: in Italia dal 13% al 12% nelle due rilevazioni (16-20 marzo la prima e poi a cavallo dell'inizio di aprile la seconda). Si aspetta il completo ritorno alla normalità nel 35% dei casi, o non si ha un'idea chiara di quando si tornerà a spendere (23%).

Nel tempo speso in isolamento, si conferma la centralità della messaggistica privata, che noi italiani dimostriamo di praticare molto più della media globale (55% rispetto al 46%). Social media e telefono seguono entrambi al 45%. Primato già raccontato molto dai media per la cucina, amata da circa metà dei rispondenti a parimerito con lo streaming e la TV. In generale si continuano a guardare molto i notiziari di ogni genere. Ci confermiamo anche grandi utenti di smartphone, con la percentuale più alta in Europa.

Seguiteci domani con la seconda rilevazione di web listening: 1 milione di conversazioni sui social media, analizzate con la tecnologia di Pulsar.

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